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22 Agosto 2005

Bipolarismo con due centri. Le condizioni per un maggioritario migliore

Autore: Ernesto Galli della Loggia
Fonte: Corriere della Sera

Un fantasma turba i dormiveglia della politica italiana: il fantasma del centrismo. Il sospetto cioè che di fronte alle difficoltà in cui si dibattono i due poli forze potenti, anche economiche, sarebbero intente a progettare la creazione di uno schieramento di centro mettendo insieme pezzi di destra e di sinistra, e dunque mandando in soffitta di fatto il bipolarismo. Ignoro se un progetto simile sia davvero coltivato da qualcuno, ma so che se lo fosse sarebbe un grave sbaglio.

Uno schieramento di centro, infatti, è stato sì per lunghi anni necessario (e utilissimo) alla Repubblica, ma solo perché allora non esistevano né una destra né una sinistra democraticamente affidabili. Da tempo però non è più così, per fortuna.

E proprio per questo è stato possibile e giusto introdurre un sistema maggioritario bipolare, solo grazie al quale abbiamo avuto nel 2001, per la prima volta in 150 anni di storia unitaria, l’alternanza tra due schieramenti effettivamente contrapposti, in seguito a una competizione elettorale: una conquista importantissima che è bene non dimenticare.


Ma il bipolarismo italiano, si dice, non funziona, dal momento che i due poli sono troppo eterogenei e soprattutto perché entrambi troppo condizionati, e alla fine spesso paralizzati, da forze e da spinte di segno radicale (non sempre coincidenti per altro: si pensi ad esempio a un Bertinotti, che su alcune questioni mostra talora una saggezza assai superiore a quella di altri del suo stesso schieramento).

Tutto ciò è vero: il bipolarismo italiano non funziona. Proprio per questo il centrismo che ci serve è solo quello necessario ad ovviare a tale disfunzione e in particolare al peso eccessivo e paralizzante esercitato dal radicalismo di destra come di sinistra, che poi quasi sempre più che un vero radicalismo è un miscuglio ambiguo di opportunismo, di demagogia elettoralistica, di corporativismo o di puro e semplice confusionarismo.

È un centrismo, quello che ci serve, in altre parole, che lungi dall’implicare la creazione di un nuovo raggruppamento di centro alternativo ai due poli attuali, significhi all’opposto un rafforzamento dei due centri collocati in entrambi gli schieramenti. Al fine, per l’appunto, non già di disintegrare il sistema bipolare ma di farlo funzionare finalmente a dovere.

Solo un rafforzamento dei due centri del tipo ora detto, infatti, può creare quella «convergenza di sforzi da destra e da sinistra» giustamente invocata ieri sulla Stampa in controcaratteri da Mario Monti, capace, come egli ha aggiunto con un riferimento alle questioni bancario-finanziarie che però può essere esteso a molte altre, di dare al Paese «regole forti e fatte rispettare».


Solo un’incisiva presenza del centro in tutti e due gli schieramenti può far nascere e radicare a destra come a sinistra le due caratteristiche indispensabili per un buon bipolarismo: cioè da un lato una mentalità orientata al mutuo sostegno nelle grandi questioni di interesse nazionale (dalla politica estera alla lotta contro il terrorismo), e dall’altro lato la disponibilità ad offrire alla controparte sconfitta alle elezioni ruoli di rappresentanza ufficiale e di controllo che non siano quei due o tre già riconosciuti oggi e che lasciano più o meno il tempo che trovano.

È proprio l’esistenza di questo spazio di governo e di responsabilità in qualche modo comune, d’altra parte, a far sì che nel buon bipolarismo i programmi contrapposti acquistino un rilievo centrale, sicché i due poli si sforzano di metterli a punto e di discuterne pubblicamente: un’altra cosa di cui in Italia si sente il sempre più urgente bisogno.