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5 Ottobre 2005

Bertinotti: sconfiggeremo la precarietà del lavoro

Fonte: l'Unità

RECORD DI DOMANDE per la chat con il leader di Rifondazione. Convinto che «la precarietà è la malattia sociale di oggi». E che «la Legge 30 va abrogata». Vincesse l’Unione, nessun pericolo di stabilità per il nuovo governo: «Non siamo nel ’96, i movimenti e i conflitti sono coprotagonisti. Questa è tutta un’altra storia».

Perché le fasce più deboli appaiono a volte più sensibili ai messaggi della destra? (Andrea Albergati)

«È certamente vero che l’ascesa di Berlusconi, un’operazione politica e culturale con cui metteva insieme liberismo e populismo, riuscì ad attrarre a sé anche consensi popolari. Anche perché nel precedente ciclo di governo dei centrosinistra, in Italia come nel mondo, si produssero non poche disillusioni. Ma io credo che quella stagione sia finita: le politiche economiche e sociali del governo Berlusconi hanno colpito in particolare gli interessi del mondo del lavoro».


Amnistia per i reati sociali a partire da Genova 2001; chiusura dei cpt; abolizione della legge 30. Pensa che un governo di centrosinistra potrà comprendere questi tre punti?(Claudio, Padova)

«Gli obiettivi che tu indichi fanno parte di queste domande di cambiamento e riguardano questioni fondamentali, quali quelle di ricostruire legittimità al conflitto sociale oggi colpito dal ricorso a numerosissimi provvedimenti giudiziari per reati di opinione o persino per l’accusa di avere intralciato l’azione del governo. La chiusura dei Cpt è una misura necessaria di tutela dei diritti dei migranti a non essere privati nel nostro paese di elementari diritti di cittadinanza e qualche volta persino di diritti umani».


La mia speranza è che la sinistra possa anche abbattere questa odiosa precarietà per noi giovani…(Ale, Bologna)

«Ecco, tu poni quella che a me sembra la più grande questione sociale dei nostri giorni. La precarietà è la più grave malattia sociale del nostro paese. Essa è la conseguenza organica delle politiche neoliberiste. La legge 30 è il principale strumento con cui è stata realizzata questa vera e propria devastazione. Per questo penso che bisogna abrogarla e scrivere sul programma dell’Unione che la sua Italia sarà un Paese deprecarizzato».


Il centrosinistra riuscirà a governare, se vincerà, fino al 2011 o assisteremo allo stesso scenario del governo Prodi?(Paolo, Roma)

«Caro Paolo, credo che il compito dell’Unione sia cacciare se possibile fin da subito il governo Berlusconi, vincere le elezioni e avviare un nuovo corso per realizzare il programma che ci saremo dati insieme. Questa sfida sarà vinta se il programma dell’Unione sarà davvero riformatore, cioè se cambierà nel profondo la realtà del Paese, se saprà dare una risposta alle grandi speranze che abbiamo suscitato. Diversamente dal primo governo Prodi, che nacque da una vittoria elettorale su un patto di desistenza, senza che ci fosse un programma comune, questa volta il programma comune lo costruiremo e spero con la partecipazione dei movimenti, delle associazioni, dei sindacati. In ogni caso, siccome penso che questa questione torni frequentemente, vorrei confermarti che io penso che la vittoria di Berlusconi non fu determinata dalla caduta di Prodi (ad esso seguirono ben due governi di centrosinistra). Ma dalla crisi che in tutto il mondo, a partire dall’America di Clinton, ha investito le politiche dei governi di centrosinistra. Quella che ci accingiamo a scrivere è per tutti un’altra storia».


Alle primarie arrivare alle spalle di Prodi lo porterà alla vicepresidenza?(Michele, Scicli-Ragusa)

«Quale che sia il risultato, qualora arrivassi dietro a Prodi, non sarebbe in discussione né la vicepresidenza, né alcun incarico di governo. Come nel campionato del mondo, la maglia iridata la veste uno solo dei concorrenti».


Non sarebbe ora di ricomporre le fratture a sinistra con il Pdci?(Antonio Cimino)

«Penso che la costruzione di una forte sinistra di alternativa sia un compito al quale valga la pena di lavorare in Europa e in Italia. Un passo importante in questa direzione è stata la costruzione del partito della Sinistra europea che terrà il suo prossimo congresso ad Atene alla fine del mese di ottobre (il Pdc non ha aderito). Uno dei punti qualificanti è stata la battaglia contro il trattato costituzionale europeo, cioè contro questa Europa dei mercati e delle banche. La rottura con lo stalinismo, la scelta di costruire la rifondazione sull’esperienza dei movimenti, la scelta della non violenza come l’idea di aggiornare il tema della trasformazione della società capitalistica, sulla partecipazione invece che sulla presa del potere, sono per noi conquiste irrinunciabili nella costruzione di una sinistra di alternativa. Per questo ci affidiamo ad un processo aperto e rifiutiamo le scorciatoie organizzativistiche delle fusioni tra partiti esistenti che finirebbero con l’essere semplicemente la somma dei ceti politici esistenti».


Saranno davvero presenti nel programma dell´Unione i Pacs? E leggi contro il proibizionismo?(Alice, Udine)

«Sì, penso che debbano essere presenti e che possano esserlo nel programma dell’Unione leggi antiproibizioniste e sui diritti delle persone e delle coppie di fatto. In particolare penso che i Pacs siano l’unico possibile denominatore comune in questa materia dell’Unione in questa fase. Personalmente condivido le rivendicazioni avanzate dalle associazioni dei gay, delle lesbiche e dei transessuali, penso come loro che la tutela della possibilità di ognuna e di ognuno di vivere in una società di convivenza e di rispetto reciproco la propria affettività e la propria sessualità costituisca un elemento di ricchezza per tutti. Penso anche che sia legittima una ricerca e una discussione sulla possibilità che unioni assumano la forma giuridica del matrimonio. Non vedo quale contestazione possa essere mossa a questa proposta sul terreno autonomo della laicità dello Stato. Altro è il campo dei valori fondati su motivazioni religiose, che non solo meritano rispetto ma che pure considero una presenza arricchente nella società. Ma non vedo come possano influenzare le scelte del legislatore».


Disposto a dare battaglia contro l’ingerenza della chiesa nella vita dei cittadini? (Nicolai Caiazza, Amsterdam)

«Penso anche che in Italia non esista la ragione di una divisione tra laici e cattolici. Molte delle pagine che hanno fatto migliore questo paese, dalla costruzione repubblicana all’unità sindacale alle battaglie sul divorzio e sull’aborto, sono passate per questo incontro e questo dialogo. Continuo a pensare persino che avesse ragione Togliatti a considerare “una sofferta coscienza religiosa un arricchimento della prospettiva socialista”. Ma tutto ciò non ha nulla a che vedere con una pretesa come quella che si è manifestata nelle gerarchie ecclesiastiche a partire dal cardinal Ruini di dettare da una cattedra esterna alla Repubblica ciò che è costituzionale e ciò che non lo è sulla base di valori mutuati da un credo religioso».


È veramente possibile espellere la violenza dalla storia? (Leonardo)

«Rispondo da ultimo a quella che mi sembra la domanda più difficile e impegnativa. È del tutto evidente che l’interrogativo investe domande ultime, filosofiche e su questo terreno non mi sento in grado di rispondere. Quello che so è che la storia oggi, qui ed ora ci pone in un certo senso allo stesso aut aut che Rosa Luxemburg indicò nella formula “socialismo o barbarie”. Oggi la barbarie è sotto i nostri occhi. Basterebbe a disvelarcela New Orleans. La spirale guerra-terrorismo è insieme la manifestazione estrema della globalizzazione capitalistica e della sua crisi e ciò che mette a rischio l’umanità. Per combattere la guerra e il terrorismo non c’è altro terreno che quello della pace. Dal ritiro delle truppe dall’Iraq alla capacità di prospettare un ruolo di pace per l’Europa, a una politica di disarmo, tutto ciò è quello che la politica può e deve fare per spezzare la spirale. Sappiamo che non c’è pace senza giustizia, ma abbiamo anche imparato che non c’è giustizia senza pace. E allora non si può più pensare di combattere l’avversario con i suoi stessi mezzi».