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30 Marzo 2006

Bersani: «Pagheranno meno le famiglie, ma non i Ricucci»

Autore: Bianca di Giovanni
Fonte: l'Unità
«Vogliono farci dire che non tasseremo i Ricucci. Invece noi tasseremo i
Ricucci e alleggeriremo il fisco per la maggior parte delle famiglie italiane».
Chiaro? Così Pier Luigi Bersani replica una volta per tutte alla
contro-informazione del centro-destra sull’imposizione sulle rendite. Una vera
manipolazione del messaggio di Prodi, che in realtà punta a favorire l’economia
reale e il lavoro a danno della rendita. Ma anche per la rendita la «bussola» è
l’equità: gran parte delle famiglie, quelle più povere, staranno meglio.
Vero, il premier insiste. Non è stato un errore politico parlare di nuova
tassazione?
«Prima cosa: esiste anche l’avversario, che cerca di fare la sua battaglia
falsificando la posizione altrui. Questo non va dimenticato. Ma c’è da
sottolineare che stavolta il centro-destra è costretto a correre dietro quello
che dice il centro-sinistra, anche se con toni demagici. Si discute solo del
nostro programma».
Perché nessuno chiede alla maggioranza come farà a realizzare il suo
programma?
«Il fatto che la gente chieda a noi perfino la virgola e non chieda nulla
agli altri del loro programma, mi pare sia indicativo: l’Italia non crede a
quelle promesse».
Però resta la contro-informazione.
«Certo, noi dobbiamo combattere, combattere e combattere. Dobbiamo chiarire
che noi non stiamo affatto proponendo più tasse. La nostra promessa è fare
ripartire la crescita, e quindi spostiamo l’attenzione dalle rendite verso la
produzione e il lavoro. Senza questo l’economia non può ripartire. Lo facciamo
con equità: anche per le rendite c’è uno “sconto” per i più poveri, per la gran
massa dei risparmiatori. Ma altri vanno colpiti. L’esempio di questa estate è
talmente eclatante che non c’è bisogno neanche di ricordarlo: 700 miliardi di
plusvalenze che non vengono tassate non mi sembra un gran messaggio da dare al
Paese».
Lasciar paralre solo del programma dell’Unione e non dell’altro non
significa lasciare il campo all’avversario?
«No, significa che il programma dell’avversario non se lo fila nessuno.
Propongono di andare avanti così, ma l’Italia non vuole. Naturalmente venendo
sul nostro terreno, loro falsificano il nostro programma. Solo una cosa finora
mi sembra riuscita: hanno un po’ annebbiato il senso di fondo della nostra
operazione, che punta a dare una boccata d’ossigeno forte al lavoro, alle
imprese che competono, alle attività produttive, facendo una lotta seria
all’evasione e all’elusione fiscale. Sia chiara una cosa, mentre qui si fa
propaganda, l’Italia rischia di uscire dal G8 e forse dopo anche dal G15. Negli
ultimi 4 anni abbiamo perso 4 punti di crescita rispetto al resto d’Europa.
Ancora: abbiamo una produzione industriale che è 7 punti sotto quella del 2000
mentre gli altri sono tutti sopra, abbiamo una produttività in calo. Dobbiamo
occuparci di questo, anche il fisco è orientato a questo. Tant’è che tutto è
partito dal cuneo fiscale, una manovra che serve al rilancio. Se si va in giro
per l’Italia ci si accorge che la nostra battaglia sull’economia reale, per
esempio contro la precarietà ha fatto breccia. Altro che tasse: nessuno in
Italia crede davvero che Prodi voglia scippare i Bot alle vecchiette».
Confindustria chiede di non toccare la legge Biagi.
«A Confindustria rispondo: non ci sono Bibbie o Talmud. Non c’è nessuna
legge intoccabile e noi sulla precarietà siamo andati troppo oltre il segno,
come sanno bene anche gli imprenditori. L’Italia deve tornare a puntare sul
capitale umano. Se la flessibilità serve per crescere, ok. Ma se è usata per
tenere bassa l’asticella, non va più bene. Il tema va affrontato e lo si farà
con ragionevolezza e con il dialogo. Ma bisognerà porre rimedio. Questi signori
non vedono i Tg dalla Francia?».