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14 Marzo 2005

“Berlusconi, i conti si fanno alla fine”

Autore: Marco Marozzi
Fonte: la Repubblica

Romano Prodi lascia il Veneto, una delle terre più difficili per il centrosinistra, tirando un sospiro di soddisfazione: «Mi è piaciuto molto quello che ho sentito, anche qui c´è la convinzione di potercela fare. C´è l´orgoglio di essere finalmente noi a dire alla gente che cosa è importante, di far capire su cosa deve confrontarsi la politica italiana».
Parlano Massimo Carraro, candidato alla presidenza della Regione, Riccardo Illy, venuto a dare una mano dal Friuli, poi militanti entusiasti. Un migliaio, stretti nel Centro Papa Luciani. Discorsi tutti proiettati sul futuro. Prodi ne esce rafforzato nella convinzione che la sua linea scaldi il popolo del centrosinistra: capelli quasi a spazzola che si mangiano parte della paciosità della faccia, mantiene le durezze anche se affina la strategia lanciata in questo fine settimana. La Costituzione, la sua difesa per parlare di un´altra Italia.
«Io sui pericoli di una dittatura della maggioranza cito i padri della Costituzione americana, i Federal Papers di più di due secoli fa. Sono i padri della democrazia moderna, della più grande democrazia del mondo: proprio quelli a cui la Casa delle Libertà dovrebbe ispirarsi».
Fa il Professore, attento però a non dare l´impressione di chiudersi. «Io non voglio la fossilizzazione della Costituzione. Ma voglio il mantenimento di quei valori di base assicurati e di quella forza morale che ci ha sempre sorretto nel passato. Il paese si riprende solo se c´è una grande unità sui contenuti di fondo. I progetti costituzionali devono tenere presente questo aspetto. L´Italia ha bisogno di sentirsi unita su valori comuni».
«Io sono sempre stato favorevole – spiega – ad un primo ministro munito dei poteri necessari per il suo lavoro, anche perché penso quest´altro anno di poter magari ricoprire quel ruolo. Quello a cui però dobbiamo stare attenti è che in un paese democratico vi sia un equilibrio tra i poteri».
Se Berlusconi lo accusa – intervistato ieri da Repubblica – di parlare come L´Unità, lui proprio in nome dell´unità lancia un messaggio – «L´Italia si riprende solo se c´è una grande unità» – che supera le barriere del centrosinistra e punta a scendere verso il paese.
A un´Italia, dice dal palco e ripete infilandosi sull´auto per Bologna, che «ha paura». «Quando l´ho detto io mi hanno accusato di terrorismo. Ma ora è il Censis a parlare di un paese impaurito. Non è solo problema di reddito, Non è il taglio delle imposte ai più ricchi che ti fa spendere di più. L´italiano non spende perché non ha i soldi o addirittura perché, quando li ha, ha paura del futuro. Bisogna reagire. Far correre di nuovo l´economia, per dare una speranza».
Illy lo ha ringraziato per quello che ha realizzato «da sognatore», in Europa. Lui ride: «Ci sono esperienze in cui sei obbligato a sognare il futuro. Quando io parlo di Costituzione e di riforme guardo proprio al futuro. Ma sapendo che vi sono cose a cui non puoi rinunciare proprio in nome dell´avvenire. La Costituzione parla di pace nelle relazioni internazionali, tutela i più deboli, garantisce l´equilibrio dei poteri». Berlusconi lo attacca, «vere assurdità», il Professore sceglie di sventolargli davanti «l´etica della politica». Parte da una frecciata, di nuovo sulla «dittatura della maggioranza» e i padri-fondatori americani: «Ho usato questo termine seriamente, dopo averlo studiato. Sono stato aggredito, mi sembra giusto ripeterlo. Con serenità, senza attacchi a nessuno».
Poi attacca: «Principi come quelli dell´equilibrio sono alla base dell´etica politica. Noi dobbiamo avere un senso profondo del contenuto etico della politica».
Riforme sì, non quelle di Berlusconi? «Qui non è più un problema di poteri del primo ministro, che deve avere adeguati poteri, ma è un problema di non avere equilibrio di poteri nel Paese. La proposta della maggioranza calpesta il ruolo del presidente della Repubblica, del Parlamento, della Corte Costituzionale, delle Authority di garanzia e il potere giudiziario». E´ una cultura complessiva che sta minando l´Italia, dice il Professore. «La cosa più seria che rimprovero a questo governo è di essere uscito dallo schema di un´idea europea della politica. Siamo stati tra i Paesi fondatori, e invece oggi abbiamo una politica che non ha sbocchi. L´idea europea è l´unica che in un periodo di globalizzazione può salvare il nostro paese, le nostre regioni, il nostro continente».
Altroché devolution della Lega? «Il federalismo è una cosa seria. Non può essere impostato in modo sciagurato. Con conduzioni fuori dal mondo. E deve essere chiaro che i diritti non ci decentrano».
La accusano di parlare male dell´Italia anche all´estero, di puntare sullo sfascio. «Purtroppo le cose che ho detto io hanno avuto tutte riscontro nei fatti. Io, noi, vogliamo ridare fiducia a questo paese, ammodernare i valori che lo tengono unito, ma non stravolgerli in nome di interessi di parte. Noi abbiamo un patriottismo per il futuro, non un patriottismo per il passato».
Valori, etica. Prodi ha scelto i suoi cavalli di battaglia. «Il discorso riguarda anche noi del centrosinistra. E´ un ammonimento anche per noi. Dobbiamo avere un senso profondo del contenuto etico della politica. Se non lo abbiamo, rischiamo di cadere negli stessi errori del Polo, e verremmo accusati come loro».
«Uniti vinciamo, divisi perdiamo» ha ritmato dal palco. «Il simbolo dell´Unione è quello con cui vinceremo nel 2006. – ha ripetuto, facendo saltare in piedi la platea plaudente – Unione è una parola semplice, non ho voluto sigle che il cittadino non capisse. Unione e basta, bella, evocativa di un passato e per il futuro».
Voi parlate, il governo punta sulle grandi opere, Ponte di Messina in testa. «Chi apre una parentesi la chiuda, diceva Flaiano. Nelle opere pubbliche, prima di annunciarne delle nuove, c´è qualcosa di più urgente: finire quelle in corso. Qui abbiamo parentesi aperte dappertutto. Chiudiamole».