ROMA – Francesco Rutelli è ottimista. E´ convinto, e lo dice senza timori scaramantici che il centrosinistra vincerà la sfida delle regionali. Al termine del suo quarto comizio quotidiano in Piemonte sale in macchina e nel tragitto tra Alessandria e Torino gli arrivano le dichiarazioni del presidente del Consiglio Berlusconi a “Porta a Porta” sull´Iraq, le tasse, il calcio. Parole che il leader della Margherita giudica «un chiaro segnale dell´affanno del centrodestra, un tentativo di recuperare in extremis il terreno perduto».
Rutelli, chi vince queste elezioni regionali?
«Vince il centrosinistra».
Cosa intende per vittoria? Ottenere più voti complessivamente come suggerisce il presidente del Consiglio o conquistare un numero maggiore di regioni?
«Conquistare la maggioranza delle regioni è una vittoria. Passare dal 6 a 8 di cinque anni fa all´8 a 6».
Viste le aspettative, l´8 a 6 non sarebbe un risultato un po´ deludente?
«Sconfiggere il centrodestra in Calabria, Abruzzo e Liguria sarebbe un successo indiscutibile. Ricordo che cinque anni fa il centrodestra utilizzò il sorpasso di misura ottenuto alle regionali come trampolino per la conquista della maggioranza in Parlamento. Anche per noi le regionali saranno una leva per le elezioni politiche del 2006. Detto questo, credo che possiamo fare anche di più. Ci sono in questo momento alcune sfide in bilico che potrebbero trasformare la vittoria in un risultato clamoroso. Se ad esempio dovessimo prevalere addirittura in una regione tra Lazio, Puglia e Piemonte le conseguenze politiche nella maggioranza sarebbero dirompenti. E ciò dipenderà in gran parte dalla partecipazione al voto. Tra i nostri elettori vedo partecipazione, nel campo avversario vedo invece molta disaffezione, delusione».
Una vostra vittoria convincente renderebbe inutili le primarie chieste ed ottenute da Prodi?
«Non voglio riaprire questa discussione. Per me le scelte fatte sono confermate. Comunque decideremo tutti insieme, con Prodi, dopo il voto amministrativo».
Come giudica la dichiarazione di voto di Andreotti a favore di Storace?
«Rispetto il senatore Andreotti e non voglio fare polemiche. Ma certamente devo confessare di essere rimasto molto deluso. Forse ha ascoltato troppo alcuni suoi ambasciatori presso Storace».
Nel rush finale di questa dura campagna elettorale Berlusconi ha acceso i suoi motori. E´ onnipresente in video, taglia nastri, annuncia nuove misure fiscali. E ieri da Vespa è´ tornato a prospettare l´inizio del ritiro dei nostri soldati dall´Iraq. Siete preoccupati?
«Meno male che aveva detto di non voler fare campagna elettorale. Ma non dobbiamo sottovalutare questi richiami dell´ultim´ora. Con una drammatizzazione spettacolare il presidente del Consiglio cerca di recuperare posizioni che gli stanno scivolando sotto i piedi. L´ennesimo annuncio sull´Iraq è un´altra pagina malinconica. Ci spieghi piuttosto in Parlamento qual è la strategia del governo italiano, dell´alleanza presente in Iraq e le condizioni per riunire l´ Europea su una politica per l´uscita da quel paese. E la pianti di dirlo davanti all´ossequiente Vespa. Purtroppo per la credibilità del nostro paese siamo ancora di fronte a sbandamenti e annunci confusi, che si contraddicono ogni mezza giornata e impoveriscono la credibilità internazionale dell´Italia».
Tuttavia riesce a catturare l´attenzione degli elettori.
«E´ la reazione di un uomo che sa di non avere onorato i suoi impegni con gli italiani che lo hanno votato. E sa di avere la responsabilità di avere portato indietro l´Italia. I dati sulla crescita italiana sono eloquenti: in quattro anni di governo della destra l´economia è cresciuta meno di tre punti mentre la media della crescita globale è stata di cinque punti solo negli ultimi dodici mesi. Hai voglia a dire che la causa sono state le Torri gemelle e la guerra…».
Che pure ci sono state.
«Ci sono state per tutti, ma se noi siamo ultimi nelle classifiche europee della crescita, dell´innovazione, della capacità di export vuol dire che le ricette economiche proposte da questo governo sono fallite. E gli italiani ormai hanno capito l´inefficacia delle leggi Tremonti, dei condoni, delle misure una tantum. Per non parlare del decreto sulla competitività che è stato letteralmente un fiasco. La realtà è che la destra non governa l´economia. Per questo direi quasi che abbiamo il dovere di vincere. Non solo per dare una sberla al governo ma per cominciare a dare risposte alla crisi economica attraverso le regioni: con i loro poteri acquisito possono programmare lo sviluppo nella coesione sociale. Sanità, lavoro, formazione, opere pubbliche ed ambiente oggi passano dalle politiche regionali. E noi nel territorio abbiamo la migliore classe dirigente».
Ma per convincere gli italiani a votarvi dovreste anche offrire un credibile programma economico alternativo. Che ancora non c´è…
«Nelle regioni in cui si vota siamo pronti. Le nostre proposte di governo sono di prim´ordine, serie, credibili. I programmi sono migliori. Per il governo del Paese siamo più indietro. Abbiamo davanti sei mesi nei quali dovremo mettere in campo, con la guida di Prodi, una proposta forte, innovativa. La consultazione è già iniziata. E la Margherita darà un contributo progettuale molto forte, perché il programma per il 2006 deve offrire agli italiani una visione molto chiara ma anche coraggiosa».
Non crede che anche le riforme appena approvate dal centrodestra condizioneranno le scelte degli elettori?
«Credo proprio di sì, e penso che dalle urne uscirà una bocciatura di questa riforma che stravolge gli equilibri istituzionali. Non abbiamo paura del premier forte, ma lo vogliamo associato ad un Parlamento forte e a poteri di garanzia indipendenti. Ma è la devolution che ci preoccupa maggiormente e dovrebbero preoccuparsi ancor di più gli elettori, soprattutto quelli del Sud. Se infatti dovesse entrare in vigore renderebbe il futuro dell´Italia ingovernabile. Per questo la vittoria dell´Unione metterebbe in crisi profonda l´alleanza del Polo con Bossi. Ancora di più se vincessimo in tutte le regioni meridionali. A quel punto il governo ci penserebbe cinque volte prima di approvare una riforma che rischia di fargli perdere la maggioranza nel paese a partire dalle regioni del Mezzogiorno, dove vinse nel 2001 e dove ha maggiormente tradito le promesse. Basti pensare che il 2004 è il primo anno in cui nel Mezzogiorno sono diminuiti gli occupati e sono cresciute enormemente le persone che rinunciano a cercare lavoro, avendo perso ogni speranza. Sta a noi il compito di restituirgliela».