«È da molti anni che Berlusconi e i suoi giornali attaccano sistematicamente i Ds». E «sistematicamente», dice Giovanni Berlinguer, «il centrodestra perde voti». L’europarlamentare della Quercia legge le presunte intercettazioni tra Fassino e Consorte pubblicate dal Giornale, e il ragionamento che fa dopo è questo: «Attacchi infondati, e anche questa volta perderanno voti. Sono evidenti a tutti le differenze etiche che ci sono tra un errore, quale può essere l’atteggiamento nei confronti di Consorte o nei confronti dell’Opa Unipol su Bnl, e un sistematico stravolgimento delle leggi italiane in materia di conflitto d’interessi, di reati pecuniari, di condoni e di regalie, di attacchi alla magistratura».
Ultimamente c’è chi ricorre all’espressione “questione morale”.
Secondo lei, onorevole Berlinguer, lo fa a proposito o a sproposito?
«La questione morale non ha abbandonato l’Italia da molti decenni. La tendenza a trascurare i risvolti morali della politica, o perfino a denigrarli, rappresenta un rischio reale. Anche se, va sottolineato, ci sono enormi differenze tra i partiti, tra le persone e tra le circostanze in cui si intrecciano decisioni politiche e orientamenti etici. La sensibilità dei cittadini italiani su questi temi è diffusissima. E la sensazione che da tutte le parti ci siano carenze, intrighi o privilegi dobbiamo combatterla con la trasparenza, ripristinando la politica nei suoi valori e nelle sue regole. Altrimenti prevarrà la tendenza, purtroppo, a disprezzare la politica come tale, e quindi a estraniarsi: dal voto, dalla partecipazione e dall’impegno, che invece sono assolutamente necessari in questa fase».
I Ds, in tutto questo?
«I Ds costituiscono una parte fondamentalmente sana e reattiva dello schieramento politico italiano. Proprio per questo, per le qualità che ci sono state riconosciute, abbiamo il dovere di evitare qualunque smagliatura, qualunque condiscendenza e qualunque compromissione in vicende che non devono riguardare la politica e i partiti».
Ritiene che i vertici del partito lo abbiano fatto, nella vicenda Unipol-Bnl?
«Sono stati commessi degli errori, che non sono soltanto di oggi. Il primo è la tendenza, che c’è stata, a trascurare le regole del mercato e a interferire nelle decisioni delle imprese, privilegiando o incoraggiando singoli soggetti considerati amici politici. Il secondo errore, che considero il più sciocco ma non per questo meno grave, è stato il dichiararsi perseguitati e l’aver diffuso la teoria di un complotto contro i Ds».
Perché “sciocco” e “grave”?
«I precedenti di questa teoria della persecuzione purtroppo li conosciamo: Craxi, che per giustificare le tangenti ha dichiarato da primo ministro alla Camera che questa era una modalità lecita e che tutti i partiti praticavano; e Berlusconi, che ha accusato magistrati e comunisti di essere suoi persecutori mentre portava al sublime il conflitto di interessi e imponeva leggi ad personam. Naturalmente tra i diversi casi c’è un abisso di differenze. Ma l’assonanza dei termini deve essere evitata in ogni caso. Primo, perché è un segno di debolezza, non di forza, e secondo, perché non corrisponde alla realtà».
E la realtà qual è, secondo lei?
«Ci sono critiche che bisogna valutare e, se necessario, correggere quello che si è detto o si è fatto. E sono convinto che i Ds possono farlo e lo faranno fin dalla prossima riunione della Direzione. Penso anche che ci sono per noi due esigenze: una è quella, citando il sottotitolo del libro di Salvi e Villone, di eliminare sprechi, clientele e privilegi per riformare la politica; la seconda esigenza riguarda un rinnovamento delle classi dirigenti».
Trentin ha detto che le cooperative hanno perso l’anima, il presidente della Legacoop Poletti gli ha replicato che si tratta di frasi al limite della diffamazione. Che ne pensa?
«Ho percepito uno sdegno profondo ed esasperato da parte di Trentin e una reazione sopra le righe da parte del presidente della Lega delle cooperative».
Nel merito?
«Nel merito, le cooperative costituiscono una parte sana, produttiva, democratica quando il meccanismo di decisione funziona veramente, è cioè partecipativo. Ed è giusto valorizzare questi aspetti, che sono intrinsecamente etici e che poi contribuiscono sostanzialmente alla tenuta e al progresso del Paese e creano vantaggi quotidiani per i soci, per i fruitori dei servizi e delle attività commerciali, per il lavoro produttivo. Questa è l’essenza della cooperazione».
Restringendo il discorso a Unipol?
«Ho l’impressione che non si tratti soltanto di due soggetti, Consorte e Sacchetti, che hanno come minimo utilizzato sapientemente le leggi berlusconiane e come massimo lucrato in modo illecito. C’è stato evidentemente uno scarso controllo e una euforia affaristica, c’è stata un’eccessiva delega ai manager rispetto ai consigli di amministrazione, alle forme deliberative del tessuto democratico. E questo è un problema che riguarda un po’ tutte le attività associative».
Al di là di questo, come giudica la scalata alla Bnl?
«Non sono un esperto di economia. Penso che il tessuto cooperativo abbia anche bisogno di un sistema bancario. Non sono certo e non sono convinto che si debba per questo acquisire una banca piuttosto che fruire limpidamente dei servigi di tutte le banche in base alla loro disponibilità, alle offerte e alle garanzie che possono dare».