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23 Maggio 2005

Arturo Parisi: “E’ finita così, è una Rifondazione democristiana”

Autore: Stefano Menichini
Fonte: Europa

Nella sala c’è la chiamata nominale per votare, il presidente dell’assemblea esce a prendere un po’ d’aria al sole. Il professor Parisi sta in piedi grazie alle iniezioni, perché una brutta forma influenzale l’ha preso proprio nei giorni topici del confronto sulla lista unitaria. Anche se sta incassando una sconfitta, e certo il suo spirito è molto amaro, riesce a sorridere della situazione: «Sì, è vero, sono drogato…».

Anche oltre i toni e i contenuti già duri del suo intervento all’assemblea, l’uomo che ha fondato l’Ulivo (con Prodi), ha fondato i Democratici (con Prodi e Rutelli) e ha fondato la Margherita (con tutti quelli che stanno votando contro di lui in quei minuti) dà un giudizio piuttosto drastico su come sta andando a finire quest’ultima avventura.

«Ma a che cosa serve, una Rifondazione democristiana?». È già qualche minuto che nel gruppo guidato da Parisi ­ vorrebbero esser chiamati da oggi in poi “gli ulivisti”, «anche se
Paolo Gentiloni vorrebbe toglierci il diritto di chiamarci così dicendo che ulivisti sono tutti…» ­ corre il messaggio: la Margherita è ormai totalmente nelle mani di Marini, De Mita e Mancino, con la copertura di Rutelli. Il professore articola il concetto.

«Io già a Parma avevo capito che stava andando così. Lasciai da solo il congresso di fondazione per senso di responsabilità, perché se avessi portato i Democratici con me la Margherita sarebbe morta prima di nascere».

E ora, a quattro anni di distanza, è arrivato il momento di uscire in gruppo? No, questo Parisi non lo dice e forse non lo pensa. «Sarebbe paradossale che la Margherita ritrovasse Mastella e perdesse noi…», commenta. E siamo sempre a questi ex democristiani. Francamente a volte potrebbe sembrare un’ossessione, ma il politologo Parisi la propone come analisi: «Sa perché sta accadendo tutto questo? Perché la Margherita è andata bene in quattro regioni d’Italia…».

Interpretiamo: quattro regioni meridionali dove l’espressione del voto risponde a logiche che il professor Parisi non ama, giudica appartenenti a epoche superate. «Già, quando sento De Mita esaltare la sua campagna elettorale, il fatto che nelle sue zone in Campania ha finalmente ritrovato la politica…».

Onestamente, sembrano giudizi un po’ aspri sul proprio stesso partito. «Io dico soltanto che da oggi abbiamo lo strumento per capire quanto questa platea ­ indica la sala ­è rappresentativa». Cioè, la Margherita nelle urne dovrà dimostrare se la scommessa di Rutelli funziona. «E secondo me non funzionerà, perché assisteremo a una radicalizzazione e non a una convergenza verso il centro dell¹elettorato».

Certo, se poi nascono intorno alla Margherita altre liste più o meno uliviste, liste di disturbo… La provocazione sulla paventata o minacciata Lista Prodi è troppo scoperta, il professor Parisi non ci casca. E più in generale non si sbilancia sul tema “rimanere-non rimanere” nella Margherita: «Vedremo, bisognerà capire se avremo l’agibilità politica che fin qui non abbiamo avuto, con questo gruppo dirigente così compatto… Non so. Ci saranno anche valutazioni organizzative da fare…».

Più tardi come si riporta ­ Parisi sarà più esplicito, per ora non si dichiarano intenti scissionisti (anche se va detto che di solito questi non si dichiarano in anticipo). Amante com’è dei ragionamenti di sistema, quello che Parisi non manda giù è quando il dissenso viene ridotto a poca cosa, «come ha fatto Franceschini».

Rutelli no, di Rutelli Parisi apprezza almeno la nettezza della posizione assunta («Certo, una cosa poco democristiana»), però gli contesta quell’inserimento del tema del Partito democratico: «Se ci avesse creduto veramente, come scrivete voi su Europa, l’avrebbe proposto come nuova piattaforma del partito. Lanciando allora sì una sfida ai Ds. Ma non è così, mi creda non è così. Rutelli adesso è perfino favorevole al sistema elettorale a doppio turno. Che vuol dire massimo impegno per prendere un voto in più del tuo alleato. Altro che Partito democratico…».

Ma perché Rutelli dovrebbe prestarsi a fare la foglia di fico di De Mita, come state dicendo in giro in questi minuti? «Ma non è lui, è il meccanismo che si è messo in moto…». E Marini? «Marini, lui è uno diverso dagli altri ex dc. Sempre posizioni nette, chiare, dichiarate. Peccato che un giorno dopo averle enunciate, le cambi».