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13 Gennaio 2006

Appello per salvare l’Europa

Fonte: l'Unità
Da quando Francia e Paesi Bassi hanno detto «no», l’Europa è in difficoltà.

Spetta ai politici fare in modo che tale crisi non sia deleteria, bensì
salutare. Il rilancio non sarà assicurato da governi che, nella loro
maggioranza, si accontentano del fallimento del trattato costituzionale.

Esso può provenire soltanto dalla sinistra progressista, che pone l’Europa
al centro del proprio progetto politico. È una nostra responsabilità
storica.
Attenzione a qualsiasi strategia della «seconda opportunità», volta a
rinegoziare un trattato costituzionale simile a quello iniziale. Un tale
approccio ignorerebbe gli insegnamenti tratti dai no «popolari», trascurando il
malessere crescente di fronte al tipo di Europa che si sta costruendo. I
cittadini europei esprimono tre critiche, cui è necessario dare altrettante
risposte.
La prima critica: l’Europa è inefficace. I cittadini hanno la sensazione
che l’Europa abbia fallito nell’ambito delle proprie competenze: quello
economico.

Hanno ragione. Sin dalla metà degli anni Novanta, l’Unione è una
delle regioni al mondo con la crescita più debole. Siamo stati raggiunti dai
paesi emergenti e distanziati dagli Stati Uniti. Fino a quando l’Europa attuale
sarà in affanno, i cittadini rifiuteranno di proseguire la costruzione europea.
Esiste, tuttavia, un’agenda europea in materia di crescita, oggetto di un largo
consenso, che include, in primo luogo, un elemento strutturale, «il programma di
Lisbona», volto ad assicurare la transizione dall’economia industriale di ieri
all’economia della conoscenza di domani, investendo in modo importante nel
futuro – ricerca, insegnamento superiore, innovazione, infrastrutture. E, in
secondo luogo, un elemento macroeconomico: pilotare la zona euro. Abbiamo creato
una zona economica integrata, ma non la gestiamo e, pertanto, non ne
valorizziamo le potenzialità.

L’agenda esiste, ma non è attuata per mancanza di strumenti. L’Europa
economica è un progetto incompiuto. Si trova in mezzo al guado e sta imbarcando
acqua. Per portarla in salvo, dobbiamo dotarla delle competenze legislative,
finanziarie e istituzionali necessarie all’esecuzione del proprio programma di
crescita. Ciò implica, in particolare, l’istituzione di un «Consiglio dei
ministri per la crescita» incaricato di adottare a maggioranza le leggi
necessarie, un incremento e un riorientamento significativo del bilancio
dell’Unione verso le priorità future, e l’istituzionalizzazione dell’Eurogruppo
(la riunione dei ministri delle Finanze della zona euro), affinché possa
efficacemente coordinare la politica economica, in particolare quella fiscale e
di bilancio.
La seconda critica: l’Europa non protegge a sufficienza. I cittadini
richiedono una tutela a livello europeo, perché ciò corrisponde ai loro valori
comuni, e perché hanno bisogno degli aiuti necessari a riuscire con successo in
un mondo globalizzato, più instabile, più esposto. Eppure, i cittadini europei
hanno la sensazione che l’Europa non sia un baluardo rispetto alla
globalizzazione, o peggio, che ne sia, a volte, il cavallo di Troia. Tale
situazione non è sostenibile.

L’Europa deve rispondere alle aspettative degli
europei. Soltanto essa possiede la massa critica per proteggere dai nuovi rischi
generati dalla globalizzazione.

Perciò, il progetto europeo deve estendersi alla
tutela dei cittadini a livello sociale, ambientale e di sicurezza. Dobbiamo
costruire l’Europa sociale del XXI secolo, che permetta ai cittadini di
emanciparsi e sia in grado di proteggerli.

Noi presentiamo tre proposte prioritarie in materia sociale: un reddito
minimo europeo, che traduca il diritto fondamentale del cittadino europeo a un
livello minimo di vita; la protezione sociale del lavoro come primo diritto
sociale europeo, che garantisca i lavoratori dipendenti dalle discontinuità
lavorative causate dal nuovo capitalismo globalizzato; e un fondo di assistenza
per la prima infanzia, atto a dotare tutti i cittadini del «capitale cognitivo»
necessario in un’economia della conoscenza.
La terza critica: l’Europa non ha legittimità democratica. I cittadini
hanno la sensazione di non avere voce nelle decisioni europee. Vogliono che
l’Europa si faccia con loro, e non senza di loro, e ancora meno contro di loro.
Il divario tra un’Europa a forte contenuto politico e a debole legittimità
democratica è insostenibile. Permettere all’Europa democratica di emergere è un
imperativo categorico, che implica una riforma istituzionale. Una delle
principali sfide è la trasformazione della Commissione in un esecutivo
dell’Unione veramente democratico, eletto dal Parlamento, che emerga dalla
maggioranza politica uscita dalle urne e che, pertanto, sia responsabile di
fronte ai cittadini.
Le istituzioni costituiscono, tuttavia, soltanto un aspetto della
questione. Esse si esprimono, ma la loro voce non giunge ai cittadini – e
viceversa. All’Europa manca uno spazio democratico che animi la vita pubblica
europea, mettendo in relazione cittadini e istituzioni. Alcune riforme
fondamentali potranno contribuire alla creazione di un tale spazio.
Innanzi tutto, porre la scelta del Presidente della Commissione al centro
delle elezioni europee, che ne uscirebbero rafforzate: designare il capo del
governo è la principale posta in gioco in qualsiasi voto di natura legislativa.
Poi, scegliere i commissari tra i parlamentari europei: per i responsabili
politici le elezioni europee risulterebbero in tal modo più allettanti.
Un’altra riforma: riservare una parte dei seggi del Parlamento europeo (ad
esempio il 20%) a parlamentari eletti su liste europee: ciò stimolerebbe il
dibattito europeo, separando l’elezione dalla scena politica nazionale. Infine,
procedere alla proclamazione unificata dei risultati delle elezioni europee –
promuovendo una lettura europea, e non più nazionale, del voto.
Restano i cittadini. Ecco uno degli insegnamenti più profondi tratti
dall’esperienza costituzionale: vogliamo fare l’Europa ma abbiamo bisogno anche
degli europei.
L’emergere della coscienza europea può essere agevolato da un ampio
ventaglio di iniziative. In particolare, noi proponiamo la generalizzazione del
programma Erasmus, l’insegnamento della storia, delle culture e delle
istituzioni europee nei licei, l’insegnamento obbligatorio di una seconda lingua
europea fin dalla scuola primaria, un maggiore sostegno finanziario alla
produzione di opere culturali europee, la creazione di un grande mezzo di
comunicazione audiovisivo pubblico a vocazione europea, oppure l’istituzione di
un foro permanente di discussione sull’Europa in ciascuno Stato membro.
Nel campo della giustizia e degli affari interni, la dimensione
costituzionale dell’Europa è indispensabile. La lotta contro la criminalità
organizzata, contro le organizzazioni criminali transnazionali, contro la
minaccia terroristica, la prevenzione dell’immigrazione irregolare, la gestione
integrata delle nostre frontiere esterne, la cooperazione giudiziaria, la
fiducia reciproca fondata sui valori costituzionali comuni, il superamento delle
prerogative nazionali, sono le sfide per le quali è necessaria l’unione affinché
la nostra scommessa sul futuro per la libertà, il diritto e la cittadinanza
europea diventi realtà.
Portare al successo l’Europa economica, costruire l’Europa sociale,
portatrice di emancipazione e protezione, fare emergere l’Europa democratica,
ecco gli assi portanti dell’iniziativa per un rilancio della costruzione europea
da noi elaborata nell’ambito dei nostri thinks tanks.
Spetta ora al Partito del socialismo europeo e, al di là di esso, a tutti i
progressisti, fare di tale iniziativa la loro priorità politica.

Massimo D’Alema, ex primo ministro italiano presidente dei Democratici di Sinistra membro del Parlamento europeo, co-presidente di Italianieuropei
Anna Diamantopoulou, deputato greco, ex membro della Commissione
europea
Kinga Göncz, ministro ungherese per gli Affari Sociali e le Pari
Opportunità
Bruno Liebhaberg, presidente di «Gauche Réformiste Européenne»
Diego Lopez Garrido, portavoce del gruppo socialista del Parlamento spagnolo
Dominique Strauss-Kahn, ex ministro francese dell’Economia e delle Finanze, fondatore di «A Gauche en Europe»