«Non siano una bandiera o finirà come sulla fecondazione». Gay,
Rutelli in campo «Contratti, non Pacs». Proteste di omosessuali e
sinistra.
ROMA — La lettera di Romano Prodi ai gay, poi l’altolà dei vescovi, le
minacce di Mastella, i distinguo della Margherita, l’amarezza del cattolicissimo
leader del centrosinistra, «stupito e addolorato» per le «critiche in malafede»
seguite all’apertura sulle famiglie di fatto. E ora, a quattro giorni dalla
tregua siglata in piazza Santi Apostoli, si ricomincia. «No a figure
matrimoniali o similmatrimoniali, sì a Contratti di convivenza solidale» scrive
Francesco Rutelli sul sito della Margherita. No ai Pacs, sì ai Ccs, nuovissimo
acronimo con cui il presidente dei dielle riapre una tenzone che Prodi sperava
archiviata. Protestano i gay, s’infuria Rifondazione, Mastella rivendica la
paternità dell’idea, il Pdci grida al furto di diritti, i prodiani si allarmano
e Forza Italia, cui la Margherita punta a sottrarre i voti dei cattolici,
plaude.
CONTRATTI PRIVATI — Il dibattito sulle unioni civili non diventi «un
tormentone estraneo alle attese fondamentali degli italiani» è il primo
avvertimento di Rutelli agli alleati. Il secondo è più politico e tira in campo
la sconfitta sulla fecondazione, ancora bruciante per i ds e l’ala sinistra
dell’Unione, e parla alle gerarchie vaticane che sperano in lui per attenuare le
pulsioni zapateriane dell’Unione: chi intendesse sventolare i Pacs come una
«bandiera della campagna elettorale», ammonisce Rutelli, stia ben attento,
perché «si misurerebbe con un consenso ancora inferiore ai referendum sulla
procreazione, come mostra anche il sondaggio pubblicato da Repubblica ». Sia
chiaro, ogni discriminazione è «inaccettabile», anzi «occorre assicurare la
protezione dei diritti civili degli omosessuali», ma il problema è il come.
Perché Rutelli (che come Prodi esclude il matrimonio gay) alle famiglie di fatto
non offre nulla più di «contratti di diritto privato nel codice
civile».
GIOCO AL RIBASSO — E infatti ecco il ds Franco Grillini, primo firmatario
della proposta di legge sui Pacs, parlare di inaccettabile gioco al ribasso e
dire «no a chi vorrebbe mettere la questione gay sotto il tappeto». Ecco Titti
De Simone, deputata del Prc nella segreteria di Arcilesbica, contestare
l’«enorme passo indietro» e l’Arcigay rispedire a Rutelli il «piatto di
lenticchie» dei Ccs, nient’altro che «contratti di natura esclusivamente
privatistica».
Che sia sbagliato ridurre le unioni civili a un fatto privato lo pensa
anche Paolo Cento e per conto dei Verdi chiede l’istituzione dei registri civili
al comune: «Non inventiamo polemiche strumentali». Katia Bellillo del Pdci
restituirebbe volentieri a Rutelli lo «schiaffo in faccia» assestato a «tante
coppie gay e lesbiche», mentre la ds Barbara Pollastrini, seconda firmataria
della legge sui Pacs, invita a cercare l’unità dietro una posizione «puramente
nominalistica».
PRODIANI IN ALLARME — Gli ulivisti sono stupefatti, preoccupati per la
«voglia di distinguersi» del capo della Margherita ora che l’Ulivo non c’è più.
«Sono le cose che ha già detto Prodi — osserva Marina Magistrelli —. Perché
sollevare un nuovo polverone?». E Franco Monaco trova fuori luogo e «tutta
ideologica» una disputa nominalistica con cui l’Unione «può solo farsi del
male». Chi invece gongola è Clemente Mastella. Il leader dell’Udeur, che si era
trovato solo nel combattere l’apertura di Prodi, dice di essere stato «buon
profeta», ricorda con malizia le tante firme della Margherita in calce alla
proposta di legge sui Pacs e fa gli auguri a Rutelli perché riesca a «portare il
partito sulle sue posizioni». I cattolici dell’ex Ppi sono con il presidente.
«Abbiamo fatto uno sforzo di fantasia per mettere fine a pericolose
contrapposizioni — spiega Beppe Fioroni —. Il Ccs risolve le aspettative dei
Pacs senza scimmiottare il matrimonio. Noi siamo nettamente contrari alla
registrazione delle unioni e sono convinto che è la posizione di
Prodi».