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2 Febbraio 2005

Ai confini della sicurezza

Autore: Guido Rossi
Fonte: la Repubblica

L´ignoranza e l´invasione del potere politico nelle decisioni della magistratura che, in queste ore, stanno facendo cantare in assordanti gazzarre tanti menestrelli nostrani, ha ricevuto una dura reprimenda dal Presidente della Corte Suprema William Rehnquist, il quale inaugurando il nuovo anno giudiziario ha dichiarato che le cariche politiche non devono e non possono, se si vuole garantire la democrazia, criticare o delegittimare le decisioni dei giudici. A questa dichiarazione di un grande giudice, considerato fra i più conservatori, si è aggiunta il 31 gennaio 2005 la sentenza della District Court of Columbia su Guantanamo.

Le decisioni della Corte Suprema del 28 giugno 2004 avevano già spazzato via gran parte della strategia antiterrorismo dell´Amministrazione Bush.

Le conseguenze fondamentali di quelle sentenze sono tante, e le ricordo brevemente.


Primo: la sola risposta vera alle sfide del terrorismo è lo Stato di diritto; la Corte afferma che quel male si può sconfiggere con le armi della legalità. Secondo: il cittadino straniero deve essere trattato con le stesse garanzie offerte dal tuo diritto, un principio fondamentale della legalità cosmopolita che richiama le teorizzazioni sulla “pace perpetua” di Immanuel Kant. Terzo: si riafferma l´importanza della divisione dei poteri che limita l´arbitrio dell´esecutivo. Quarto, invocando la Costituzione americana, il diritto penale internazionale e la Convenzione di Ginevra come il quadro entro cui agire nella lotta al terrorismo, questa lotta ora può ripartire finalmente alla scoperta di una nuova dimensione, quella etica. Infine, quando il giudice Sandra O´Connor afferma che la “detenzione non è una punizione né un atto di vendetta bensì una misura temporanea priva di carattere penale”, essa demistifica la cultura vendicativa della pena e sancisce che la sicurezza nazionale non può fare premio sui diritti umani, neppure dopo l´aggressione che l´America ha subìto l´11 settembre. L´avvocato difensore di Yaser Esan Hamdi (uno dei detenuti all´origine dei ricorsi su cui la Corte suprema si è pronunciata) ha riassunto così la sentenza: «Ciò che è profondamente connaturato al carattere americano, e lo è da secoli, è l´idea che il sovrano, l´esecutivo, non può rinchiuderti e gettare via la chiave».

È il concetto dell´habeas corpus che distingue la tradizione liberale anglosassone? Certamente da secoli l´habeas corpus è l´istituto principale del diritto penale anglosassone, che lo contraddistingue dalla tradizione opposta: quella dell´Inquisizione. Purtroppo, invece, molte delle radici culturali erronee affondano nel periodo dell´Inquisizione. La Convenzione europea sui diritti dell´uomo non è così profondamente inserita nei nostri ordinamenti nazionali come l´habeas corpus lo è nell´ordinamento degli Stati Uniti. Un altro principio sottolineato dal giudice Sandra O´Connor è che “lo stato di guerra non dà carta bianca al presidente quando si tratta dei diritti dei cittadini”. La Corte in questo caso si è fatta interprete di un´inquietudine diffusa: la paura di molti americani che l´Amministrazione Bush stesse usando l´11 settembre per restringere gli spazi di libertà individuali. Neppure l´approvazione alla quasi-unanimità da parte del Congresso dei poteri speciali ? poteri di guerra ? al presidente, passata sull´onda dell´emozione dell´11 settembre, può bastare secondo i giudici costituzionali: ci sono diritti inalienabili che né il Presidente né il Congresso né tutti e due assieme possono toccare. Il giudice O´Connor ha ricordato che l´America imparò questa lezione dopo la vergogna dei campi d´internamento in cui furono rinchiusi durante la seconda guerra mondiale gli italo-americani e i nippo-americani.

Quella vergogna fino a ieri ha rischiato di ripetersi. La strategia antiterrorismo dell´Amministrazione Bush era la morte del diritto, tramite la violenza di Stato; lo Stato che crea il diritto e lo fa quindi morire quando vuole, a suo piacimento, per sostituirlo con il dominio e l´arbitrio. I giudici l´hanno riportata sul terreno dei valori liberaldemocratici: il diritto di tutti ad un giusto processo è il fulcro del sistema. Di qui riparte l´interesse per nuovi trattati internazionali che superino lo stesso concetto di enemy combatant, di combattente nemico, usato da Bush per aggirare la Convenzione di Ginevra. E in questa prospettiva dovranno lavorare i popoli della terra. A questo punto rimarranno prive di fondamento anche le tesi sulla liceità dell´uso moderato della tortura nei confronti dei terroristi, pur quando essa sia usata per garantire la sicurezza dei cittadini.

La Corte ha riaffermato il principio che tutti i diritti individuali scritti nella Costituzione degli Stati Uniti si applicano anche ai cittadini stranieri. Un concetto che nel diritto americano esiste dal lontano 1789, quando l´Alien Tort Claims Act diede ai non-cittadini la facoltà di appellarsi ai tribunali americani per le violazioni dei trattati.

La conclusione è di straordinaria rilevanza, e può essere sintetizzata dalla dissenting opinion del giudice Stevens nel caso Padilla in una delle tre sentenze del 28 giugno 2004: «Non si possono usare le stesse armi dei tiranni neppure per resistere agli attacchi delle forze della tirannia».

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A non diverse conclusioni è giunta la Camera dei Lords nel Regno Unito (l´unico Paese che ha seguito gli Stati Uniti nel creare una legislazione restrittiva delle libertà umane a seguito dell´11 settembre) giudicando, il 16 dicembre 2004, sull´Anti-terrorism, Crime and Security Act 2001 e sul Derogation Order 2001, che aveva legittimato la detenzione senza processo di nove presunti terroristi. Con una opinion di otto Lords su nove e invocando soprattutto la Convenzione Europea sui diritti umani, la Dichiarazione sui diritti umani delle Nazioni Unite e le Convenzioni di Ginevra, ha ritenuto la legge del Parlamento e l´Order del Segretario di Stato del tutto inapplicabili. La dichiarazione fondamentale del relatore Lord Bingham of Cornhill è che la legislazione antiterrorismo inglese è basata certamente sulla necessità di garantire la sicurezza nazionale, ma che su di essa deve prevalere il diritto alla libertà individuale che è uno dei fondamentali diritti umani. Ad essa, fra le altre, si accompagna quella di Lord Hoffman, che val la pena di una breve citazione: «Questo è uno dei più importanti casi che la Camera dei Lord è chiamata a decidere negli ultimi anni poiché chiama in causa l´essenza stessa di un´antica libertà della quale questo Paese è sempre stato finora molto orgoglioso: quella dell´arbitrarietà dell´arresto e della detenzione in carcere. Il potere che il Ministero dell´Interno cerca di difendere è quello di detenere a tempo indeterminato le persone senza accuse né processi. Niente è più contrario alle inclinazioni naturali e alle tradizioni dei popoli del Regno Unito».

La politica anti-terrorismo del Presidente Bush, che si basava, dopo le sentenze della Corte Suprema, anzi dopo soli nove giorni dalle stesse, sulla creazione di un tribunale militare chiamato Combatant Status Review Tribunal per verificare e controllare lo stato di enemy combatant dei detenuti di Guantanamo, è stata poi definitivamente sconfitta dalla decisione 31 gennaio 2005 del Giudice Joyce Hens Green della United States District Court of District of Columbia. La decisione dell´unico foro competente, secondo le sentenze della Corte Suprema, distrugge soprattutto lo pseudoconcetto di enemy combatants che doveva servire ad evitare l´applicazione e le garanzie delle Convenzioni di Ginevra e del diritto costituzionale americano. Quello pseudoconcetto era stato ampliato dal governo americano fino a ricomprendere ogni individuo che abbia aiutato i Talebani o le forze di Al Qaeda o altre forze coinvolte in ostilità contro gli Stati Uniti o i loro alleati. Oltre all´affermazione dei diritti umani contro la tortura, all´habeas corpus anche per gli stranieri, la durezza della decisione non manca di rilevare alcune ipotetiche fuorvianti applicazioni della normativa anti-terrorismo. In base a questa, come espressamente dichiarato dall´avvocato del Governo Americano, potrebbe essere imprigionata a vita “una piccola vecchia signora in Svizzera, la quale in buona fede invia assegni che ritiene siano a favore degli orfani afgani, ma che invece finiscono per finanziare attività di Al Qaeda”. Contro queste tragiche amenità si è schierato il Giudice Green.

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Se questa è l´America che ammiriamo, mi auguro che chi usa citazioni sbagliate e auspica addirittura che in Italia sia introdotto il Patriot Act abbia un minimo ripensamento. La frettolosa legislazione anti-terrorismo contro i diritti umani ha fatto dunque la stessa fine anche nel Regno Unito.

La classe politica italiana questa volta può imparare una lezione di democrazia.