Ricucire i buoni rapporti con l’Occidente, anzi con l’Europa secolarizzata, laica. Questo è il compito più impegnativo e difficile del prossimo pontificato.
L’apoteosi mediatica della figura di Papa Wojtyla di questi giorni ha tenuto accuratamente celato questo aspetto problematico della sua eredità. Dietro l’enfasi sul Grande Comunicatore Globale rimane la sostanziale incomunicabilità con vasti settori della società europea.
Non solo intellettuali. Si registra persino il raffreddamento dei rapporti con le altre confessioni cristiane.
Non a caso negli uomini di Chiesa c’è una contraddizione tra l’euforia per la travolgente operazione mediatica mondiale di questi giorni e il lamento per il presunto ostracismo di cui sarebbero vittime i cristiani non solo in alcune parti nel mondo ma nel cuore stesso dell’Occidente. Da qui la coesistenza di opposti sentimenti: il compiacimento per le piazze ricolme di folla e il dubbio se questa sia il segnale dell’inversione di tendenza del processo di scristianizzazione che sarebbe in atto nel Continente.
Personalmente ritengo che questa non sia la strada maestra per ristabilire un autentico dialogo con la cultura laica europea. Questo non significa affatto disconoscere i meriti storici del pontificato di Papa Wojtyla.
Dalla energica rivendicazione dei diritti dell’uomo a livello planetario, all’incondizionato riconoscimento del valore di tutte le religioni e di tutte le culture della terra; dalla completa irreversibile conciliazione con l’ebraismo sino ai coraggiosi gesti di autocritica per alcuni errori passati della Chiesa.
Più complesso invece è il giudizio sul ruolo che il Papa ha avuto nell’accelerare il tracollo morale del sistema sovietico – a cominciare dalla sua amatissima Polonia. E’ un punto importante per capire il modo di pensare di Wojtyla. La sua operazione «rivoluzionaria» infatti non voleva esprimersi in una dimensione immediatamente politica, ma in una prospettiva di rinnovamento religioso e morale. Era un’operazione del tutto legittima che tuttavia – non a caso – ha drammaticamente mancato il suo obiettivo. Ma proprio l’amara delusione del Papa per uno sviluppo democratico della Polonia che non ha corrisposto alle sue aspettative religiose, ha mostrato i limiti di intesa tra l’idea di democrazia di Wojtyla e la dinamica effettiva delle democrazie reali. Queste infatti si muovono in una logica laica che non corrisponde all’idea che della laicità si fa la Chiesa di Wojtyla.
Un altro segnale è la severità della polemica del Papa nei confronti del Trattato costituzionale europeo, per la mancata menzione delle «radici cristiane» nel Preambolo. In effetti la questione è stata gestita male da tutte le parti. Ma a torto la Chiesa non ha apprezzato il risultato complessivo del Trattato per quanto riguarda la posizione di rilievo riconosciuta alle Chiese in Europa, ai sensi dell’art. 52 del Trattato. Anzi anche qui emerge il limite del concetto di laicità degli uomini di Chiesa.
Il Trattato costituzionale europeo realizza il principio storico, incontestabile e irreversibile, della libertà di religione, comprensiva della pienezza delle sue espressioni pubbliche, giuridiche e politiche, affermando che «rispetta lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le Chiese», «riconoscendone l’identità e il contributo specifico». Nel contempo però il Trattato non privilegia le Chiese rispetto ad altre «organizzazioni filosofiche e non confessionali».
Il testo costituzionale sottintende cioè che i valori rappresentati dalla religione-di-chiesa sono soltanto una espressione di quella «libertà di coscienza» individuale dei cittadini cui va il primato assoluto nella gerarchia delle libertà fondanti della democrazia.
In questa prospettiva, la laicità non è un valore accanto ad altri (secondo il cliché del laico giustapposto al credente) ma è il criterio stesso con cui tutte «le visioni della vita» si confrontano con pari dignità etica. Ciò che conta è il confronto ragionevole degli argomenti e la leale osservanza delle procedure democratica nella decisione politica. Considerare l’art. 52 del Trattato costituzionale una implicita, surrettizia diminutio delle Chiese significa non aver capito nulla della laicità della democrazia.