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13 Luglio 2005

A cosa serve ritirare 300 soldati

Autore: Nicola Tranfaglia
Fonte: l'Unità

I dolorosi avvenimenti di Londra non potevano non avere una ripercussione immediata nel nostro paese: sia perché i precedenti attentati in Europa hanno sempre colpito paesi che facevano parte, come il nostro, della cosiddetta “coalizione dei volenterosi” che ha seguito il governo di Bush nella sciagurata guerra irachena, sia perché dai numerosi rapimenti di nostri connazionali è già emerso con chiarezza in questi anni che la posizione del governo italiano è ben presente all’attenzione della guerriglia irachena.


Così è arrivato ieri alla Camera l’annuncio da parte del ministro degli Interni Pisanu di misure speciali che il governo adotterà rapidamente contro il pericolo di attentati in Italia.


Dopo molte chiacchiere a ruota libera sull’istituzione di una Procura nazionale contro il terrorismo, o almeno di una sezione speciale della Procura antimafia, dedicata appositamente alla lotta contro i possibili attentatori che vivono o arrivano in Italia, l’on.Pisanu ha tenuto ad escludere leggi speciali e ha annunciato piuttosto un’estensione della durata e delle modalità del fermo di polizia,la concessione di benefici processuali per chi collabora e altre misure, per così dire, di aggiustamento a una legislazione che sostanzialmente è già in vigore dal 2001,dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York, ed ha bisogno semmai di essere effettivamente applicata,cosa che finora, per ragioni tuttora misteriose, non è affatto avvenuta.


Ora, a nostro modesto avviso, il problema non è tanto nelle misure annunciate dal governo (con l’evidente dispetto della Lega che aveva addirittura parlato con il ministro Calderoli della necessità di proclamare lo stato di guerra), quanto in un lavoro sotterraneo ma efficace dei servizi di informazione che sia in grado di individuare, al di là delle apparenze spesso ingannevoli,dove si annidano i pericoli, quali sono le cellule attive che si rifanno ad Al Qaeda,quali sono i più probabili obbiettivi di attentati che riguardino le nostre città o le istituzioni più importanti.


E per questo non servono a nulla leggi speciali, né misure particolari, quanto un effettivo coordinamento dei gruppi e degli uomini che devono occuparsi di questo compito e una conoscenza adeguata del mondo in cui potrebbero maturare progetti distruttivi.


Ma al di là di questi aspetti, per così dire tecnici, della lotta contro i terroristi esiste un problema politico che l’attuale governo non vuole assolutamente affrontare e che ha invece importanza centrale in questo momento.


L’on.Berlusconi, subito dopo l’attentato di Londra,ha ricordato che nel prossimo autunno trecento soldati italiani lasceranno l’Iraq e lo ha detto come se questo potesse servire a togliere l’Italia dai bersagli privilegiati del terrore.


Ma i casi sono due: o Berlusconi ritiene che il nemico sia stupido, o le sue dichiarazioni appaiono abbastanza ridicole.

L’Italia ha in Iraq 3.300 uomini, toglierne trecento non muta in nulla la sua posizione.Tanto più che il presidente del consiglio italiano riafferma in ogni occasione la sua intenzione di seguire la politica americana e di andarsene dall’Iraq soltanto quando il governo iracheno glielo chiederà perché in grado di mantenere l’ordine da solo.


Ma il succedersi costante di attentati e di episodi di violenza che si registra in quel paese fa pensare che il momento di abbandonarlo da parte della “coalizione dei volonterosi” tenderà ad allontanarsi nel tempo piuttosto che avvicinarsi.


Allora il problema decisivo è oggi quello di modificare la politica italiana e la nostra posizione rispetto alla missione in modo da collocarci su una posizione simile a quella mantenuta dalla Francia, dalla Germania ed ora anche dalla Spagna, piuttosto che a quella inglese e americana.


È ormai chiaro anche a chi si colloca su posizioni moderate o di destra democratica che la teoria della “guerra preventiva” e le sue prime attuazioni in Afganistan e in Iraq hanno fatto crescere ed espandere la guerra che i gruppi fondamentalisti islamici portano contro l’Occidente e che il protrarsi dell’occupazione in quei paesi o addirittura iniziative di cui si parla contro altri “stati- canaglia” come l’Iran o la Corea del Sud non farebbero che estendere ancora di più l’odio di grandi masse in Asia e in altri continenti contro la grande potenza americana e i suoi più stretti alleati.


Come può l’Europa, e con essa l’Italia, accettare una simile logica bellicista e prepararsi a una guerra sempre più feroce in un periodo segnato dai grandi spostamenti di popoli dall’uno all’altro continente che rispondono peraltro a esigenze profonde dal punto di vista economico e demografico


Non è allora il caso di fermarsi e riconsiderare la situazione in una logica diversa, rispondente al bisogno di pace che nasce dai popoli e a quanto afferma (art.11) la costituzione repubblicana.