17 Febbraio 2006
A colpi di sorpasso
Autore: Luigi La Spina
Fonte: la Stampa
La paura, nello sport come in campagna elettorale, spesso è cattiva
consigliera. Ottunde la lucidità mentale, infiacchisce i muscoli, annebbia la
vista. Ma qualche volta aiuta, perché l’allarme evita di cullare il ricordo dei
passati allori e di prendere troppo sul serio i rosei pronostici sul futuro.
Così, il più grande favorito italiano alle Olimpiadi di Torino, lo slalomista
Giorgio Rocca, dopo il deludente suo esordio nella «combinata», ha lasciato le
valli piemontesi per un ritiro di meditazione e di isolato allenamento in vista
della gara decisiva. Il candidato del centrosinistra per il prossimo governo
dovrebbe imitare la scelta del nostro asso dello sci?
Nonostante Romano Prodi possa vantare una vocazione sportiva che, data
l’età e la professione, è tutt’altro che disprezzabile, non crediamo debba
seguire l’esempio di Rocca. Anche perché la competizione politica non prevede
pause di silenzioso raccoglimento, soprattutto in una sfida con un abile e
bulimico campione di presenzialismo mediatico come Berlusconi. Eppure, al leader
unionista forse farebbe bene qualche riflessione sull’andamento della sua
campagna elettorale. Consiglieri, sondaggisti, semplici tifosi che rassicurano,
in queste ore, Prodi hanno certamente ragione su una premessa metodologica: il
recupero di consensi, più o meno cospicuo, in favore di Berlusconi, rispetto a
qualche mese fa, è fisiologico e previsto. Tutti i leader di uno schieramento
governativo, nell’imminenza del voto nel quale chiedono la conferma per la
coalizione vincente nelle scorse elezioni, recuperano i favori dispersi nella
delusione delle promesse mancate durante il primo mandato. Capitò a Bush fino al
punto di vincere ancora, capitò anche a Rutelli e a Schroeder fino al punto di
sfiorare l’impresa che sembrava disperata. Prodi, dunque, resta ancora il
favorito del 9 aprile. Ma se lui e i leader che lo fiancheggiano continuano
l’opaca e contraddittoria campagna elettorale che si è vista in questi giorni,
l’ipotesi di uno straordinario recupero di Berlusconi esce dalla rubrica della
propaganda ed entra nell’elenco delle probabilità.
Prodi ha cominciato tardi la campagna del voto con varie giustificazioni:
la competizione è lunga e rischia di annoiare, dobbiamo avere il tempo per
raccogliere le proposte programmatiche e farne una sintesi, sono un passista e
non uno sprinter, perciò conto sui tempi lunghi. Berlusconi, così, non solo è
agevolmente scattato in testa, come direbbero i cronisti del ciclismo, ma ha
imposto il ritmo di gara, cioè gli argomenti di discussione. Il leader del
centrosinistra è stato costretto a una faticosa rincorsa che ha prodotto un
frutto davvero indigeribile, ma ha trovato una insperata pepita d’oro. La
cosiddetta sintesi del programma si è risolta con formidabile boomerang
propagandistico, perché gli avversari hanno agevolmente seppellito le proposte
del centrosinistra sotto le prevedibili ironie delle 280 pagine in cui erano
sparse. Dalla catastrofe numerica si è salvata, però, un’idea brillante, quella
della riduzione del 5 per cento nel cosiddetto «cuneo fiscale». Un abbassamento
del costo del lavoro che ha destato anche qualche preoccupazione sulla
sostenibilità finanziaria della proposta, ma che, comunque, ha aperto finalmente
il dibattito su un tema concreto, di largo interesse, sia per il potenziale
bacino elettorale dello schieramento di centrosinistra sia per il mondo
industriale. Un settore, quest’ultimo, che, nonostante una ripresa di rapporti
con la coalizione guidata dal professore bolognese e pur deluso dall’esperienza
berlusconiana, fatica a fidarsi, non tanto di lui, quanto di alcuni suoi
alleati.
Invece di riuscire a portare la discussione elettorale su questo argomento,
la campagna del centrosinistra si è impantanata sulle ambigue vaghezze
programmatiche a proposito dell’Alta velocità, e, addirittura, su un improbabile
trotzkismo, per di più contraddittoriamente «in un solo Paese», cioè l’Italia.
Un «caso Ferrando», che, pur controbilanciato, in parte, dalle amicizie
estremiste della Mussolini, ha riguardato più il folklore che la politica.
L’esito di tale confusione propagandistica è stato paradossale, ma
significativo. L’unico contropiede azzeccato della campagna elettorale di
centrosinistra, la proposta sul «cuneo fiscale», è stato disinvoltamente
annullato con uno scippo semplice, ma efficace: il centrodestra ha copiato
l’idea e se ne è appropriato.
Il codice comunicativo delle campagne elettorali, che ora si svolgono
sostanzialmente in tv, è conosciuto da tutti, ormai. Richiede semplicità nel
parlare, unità nei comportamenti, capacità di inventare qualche sorpresa sul
piano delle proposte, mescolando la concretezza con un pizzico di volontaristico
ottimismo e, soprattutto, impone di non ricorrere mai a dibattiti su sigle
partitiche, aggregazioni futuribili a base di nomi strani e incomprensibili.
Tutte questioni che interessano massimamente capi e capetti che si agitano
intorno a Prodi per salvaguardare i loro più o meno ristretti ambiti di potere,
appassionano massimamente intellettuali che, pur non giocando al calcio e non
tirando rigori, si ostinano ad autodefinirsi «di area», ma che annoiano
massimamente tutti gli elettori di quello schieramento. Per anni, l’opposizione
ha continuato a seviziare il proprio elettorato con autentici quiz semantici a
base di Fed, Unione, Ulivo, partito democratico. Gironi infernali, in cui si
mescolano giovani asinelli e vecchie bandiere rosse, soli che nascono e soli che
tramontano, rose e pugni, forse più pugni che rose. Insomma, tutto un
armamentario iconografico di ardua decifrazione. L’approssimarsi del traguardo
elettorale sembrava una ottima occasione per non parlarne più. Ma, forse, erano
previsioni sbagliate, come quelle che negavano persino l’ipotesi di una vittoria
italiana nel pattinaggio veloce all’Olimpiade. Una sorpresa che i tifosi di
Prodi, ieri, hanno accolto con entusiasmo, ma che, in politica, davvero non si
augurano.